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Immagine del redattoreGrazia Buttazzo

La comunicazione al paziente oncologico

Aggiornamento: 6 apr 2021

Mediante la comunicazione, noi trasmettiamo informazioni che gli altri riceveranno. L'essere umano non può "non comunicare", il cervello elabora costantemente gli stimoli che riceve dai segnali che gli altri ci inviano. Sebbene nel tempo il tema della comunicazione con il paziente e con la sua famiglia in ambito oncologico abbia rivestito un ruolo centrale, molto spesso quest’ultimo si determina come una delle problematiche cruciali per svariati professionisti del settore.


La comunicazione in ambito oncologico è un elemento fondamentale sul quale porre attenzione in quanto è proprio nella comunicazione di una cattiva notizia che talvolta si va incontro ad un cambiamento brutale e repentino di quelle che sono le opinioni del paziente oncologico e dei suoi familiari. Ciò che un medico può dire ad un paziente, e come viene detto può influenzare il loro stato d'animo e la loro reazione dinanzi alla notizia ricevuta.


Ricevere una cattiva notizia, può determinare un impatto violento sul malato e ciò potrebbe ripercuotersi gravemente sulla sua salute mentale provocando un’assenza di progettualità rispetto al suo futuro. La parola cancro spesso evoca paura di morte, sofferenza e disabilità. I pazienti oncologici si trovano ad affrontare momenti particolarmente critici come: la comunicazione della diagnosi, il fallimento di un trattamento, una recidiva di una malattia, la comunicazione dell’inizio della fase terminale. Aumentano così le loro paure e il loro senso di impotenza, è qui che gli operatori sanitari divengono fondamentali con il loro supporto e la loro competenza, e sia i familiari che i pazienti ricercano dell'ottimismo nelle parole degli oncologi. La comunicazione ricopre dunque un ruolo importante, essendo così un prezioso strumento curativo e di supporto, utile a non demoralizzarsi dinanzi ad una malattia devastante. La relazione fondata su una corretta comunicazione con il paziente può essere essa stessa una forma di terapia. I medici possono pertanto rappresentare una "base sicura" per il paziente, elemento fondamentale che permetterà a quest'ultimo di ricevere supporto per tutto il decorso della malattia oncologica.

Ma come comunicare una cattiva notizia? oggi risulta utile fare riferimento alle linee guida proposte da Buckman che con l'acronimo SPIKES caratterizza il processo di comunicazione di una cattiva notizia. SPIKES è composto da :

-Setting, occorre preparare il contesto e disporsi all'ascolto.

-Perception, capire il punto di vista del paziente circa la propria situazione( che idea si è fatto, cosa sa riguardo alla malattia).

-Invitation, invitare il paziente ad esplicitare in che misura vuole essere informato rispetto alla diagnosi, e sui dettagli della malattia.

-Knowledge, fornire informazioni necessarie a comprendere la situazione clinica.

-Emotions, facilitare l'espressione delle emozioni in modo tale da comprendere la reazione emotiva e rispondervi in modo empatico.

-Strategy summary, negoziare una strategia d'azione che tenga in considerazione le aspettative e i risultati raggiungibili. Lasciare spazio ad eventuali domande. Riassumere. Verificare la comprensione. Concludere.


Differenti sono le risposte che i pazienti possono esplicitare rispetto ad una cattiva notizia. Tra esse ritroviamo le risposte adattive e disadattive. Quelle adattive comprendono: ironia, negazione transitoria, rabbia contro la malattia, pianto, paura, speranza realistica, pulsione sessuale, negoziazione. Le risposte disadattive fanno riferimento invece a: colpa, negazione persistente, rabbia contro gli operatori sanitari, depressione, ansia generalizzata/attacchi di panico, speranza irrealistica, disperazione e manipolazione.


Una relazione terapeutica efficace richide una buona alleanza terapeutica con i familiari senza perdere di vista quella con il paziente. I familiari come il paziente possono avere atteggiamenti differenti in reazione alla malettia del congiunto, si può parlare quindi di:

-Protezione: dove si cerca di limitare il malato dalla consapevolezza della malattia;

-Lutto anticipato.

-Senso di colpa per quello che non è stato fatto in passato.

-Paura per il proprio futuro legato alla malattia del congiunto.

-Rabbia che può essere indirizzata verso il paziente, verso altri membri della famiglia o verso gli operatori sanitari.

Il medico dovrebbe empatizzare con i familiari e potrebbe proporre loro di chiedere al paziente cosa sa e cosa vorrebbe sapere. Ciò contribuirebbe a modificare l'atteggiamento dei familiari, preparandoli all'accettazione di quelle che sono le volontà del paziente, il quale ha il pieno diritto di essere informato sulla sua malattia.




BIBLIOGRAFIA


Biondi M., Costantini A., Wise T., Psiconcologia, Raffaello Cortina Editore,2018, pagg. 67-90.


Del Piccolo L., La comunicazione della diagnosi di tumore al paziente e ai familiari:linee guida, in Recenti Progressi in Medicina, Vol.98 n.5, pagg. 271-278.

De Santi A., Morosini P., Noviello S., Manuale di valutazione della comunicazione oncologica, Istituto Superiore di sanità,2007, Rapporti ISTISAN 07/38, pagg.55-63.





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